Andrea D'Arienzo nasce a Vietri nel 1911.
Dopo un difficile trascorso scolastico, giovanissimo, diviene allievo decoratore presso il pittore salernitano Giuseppe Avallone e del figlio Pasquale, occupandosi anche della produzione di ceramiche di uso corrente presso varie manifatture vietresi tra cui la "ICS" di Max Melamerson.
Successivamente si applica alla decorazione dei soffitti come dipendente di alcune ditte specializzate.
Nel 1944, in società con l'amico d'infanzia Guido Gambone e completamente ignaro della materia, fonda la manifattura per la produzione di maioliche artistiche "La Faenzarella", vi costruisce un forno a legna e si improvvisa fornaciaio.
Nell'ambito della manifattura Andrea D'Arienzo inizia ad occuparsi di smalti divenendo in breve tempo un esperto.
Alcuni anni dopo apre la manifattura "D'Arienzo" per la produzione di maioliche artistiche, in stile moderno e tradizionale vietrese, con sede in corso Umberto 60 a Vietri sul Mare.
Nel 1950 lascia la piccola fabbrica di Vietri a Natale e si trasferisce a Firenze dove lavora, fino al 1967 presso il laboratorio "La Tirrena" di Guido Gambone.
Succesivamente torna di nuovo a Vietri dove continua a dedicarsi alla ceramica artistica realizzando lavori ispirati ad un primitivismo dai sapori nettamente vietresi.

 

"Nella bottega al piano rialzato sulla strada per Raito, nella grande curva per la Marina dirimpetto a Vietri sul Mare, il maestro ceramista Andrea D'Arienzo, il "faenzaro vietrese" come amava definirsi, ha realizzato per anni i suoi speciali auguri, le "targhe di Natale", rigidamente numerate e donate ad amici e parenti. Il segreto della preparazione degli smalti vetrosi che raccontano di angeli osannati, della fuga in Egitto, della stella cometa, di un mondo di salvezza e di speranza.

Non appena i suoni della zampogna e della ciaramella, con la novena dell'Immacolata, cominciavano a spandersi per i vicoli antichi di Vietri sul Mare, Andrea D'Arienzo metteva mano alla decorazione delle sue multiforme "targhe di Natale", già incise, asciugate e biscottate. Il suo pennello passava, con saggia cadenza, dalle ciotole dei colori alla targa smaltata sulla quale stendere in-differenti cromie per uguali soggetti. Così, prendeva vita un racconto di una fede non mediata, di arte in un mestiere antico, di pratica sapiente dell'amicizia.

Con quelle targhe, rigidamente numerate, D'Arienzo aveva cadenzato, per anni, i suoi auguri natalizi ai pochi fortunati parenti e amici. Prima, negli anni addietro, abbandonando il banchetto ceramico, il maestro inviava gli auguri con dei cartoncini colorati a tema natalizio, nessuno uguale all'altro, per quella spontanea manualità propria dei ceramisti. Per un certo periodo aveva modellato anche dei piccoli pastori da adattare alle colorate casette di Marietta, la madre, costruite in cartoncino ondulato.

Una volta il presepe, quando non era stato ancora invaso dal commercio, lo si preparava in casa, di sera e durante tutto l'anno, modellando pastori da decorare a freddo, tagliando cartoni di risulta per farne casette messe su con la colla di pesce e colorate con pastelli, ponti e strade in stecchi di legno, montagne di sughero o carta increspata. Il presepe, allora, era l'espressione di una fede, una devozione, una passione, non certamente lo sfoggio di una "sapienza" decorativa fatta di plastica e freddezza industriale.
Andrea, per anni, continuò a mandare i suoi auguri al di fuori di ogni moda, di ogni schema, di ogni convenzione sociale. Il suo era un messaggio diretto, la consegna di un qualcosa di personale, realizzata con gesti pensati, misurati. Il suo regalo era accompagnato dal sorriso della gioia di donare, che illuminava i suoi occhi dietro gli occhiali, spesso complici nel nascondere un intimo pudore.
La mano passava velocemente sulla targa a togliere la polvere, poi la consegna perché si potesse ammirare l'opera, grande nella sua semplicità. Il maestro, in malcelata, disattenta attesa di ascoltare la meraviglia del destinatario, cercava un foglio di giornale dove poter incartare la ceramica. Quanta spontanea poesia dietro gesti per un dono di materia povera! Quanta esperienza, saggezza, umanità, amicizia, calore sotto quella vetrina cavillata stesa su immagini policrome a raccontare della sacra famiglia, di angeli osannanti, di fuga in Egitto, della stella cometa fermatasi a illuminare il campanile e la cupola della chiesa di San Giovanni Battista a Vietri sul Mare.

Anno dopo anno, ognuna di quelle targhe diceva: "per tempo, ho pensato a questo tuo Natale". Ed era il quotidiano della bottega che ti entrava in casa, l'esistenza di un uomo-maestro di arte e dintorni che prendeva parte alla tua vita. Era, forse, la fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, quando da Positano, periodicamente, "calava" a Vietri il musicista russo Youry Schleiffer Ratkov Rasnov, appositamente "per acquistare le temperature marine di D'Arienzo in maiolica vietrese". Poi, ricordava Eduardo Alamaro, "le disponeva nella sua casa e nel suo studio ... e le ascoltava; lui, il musicista della lontana Russia, aveva inteso il suono delle ceramiche di D'Arienzo". Ed è, allora come oggi, lo stesso suono che ogni artista, ogni ceramista, ogni uomo con l'animo preparato, riesce ad ascoltare.
"E' la voce della ceramica", dice il maestro Salvatore Autori, quando il forno, appena schiuso dopo la cottura, rimanda scricchiolii modulati su un immaginario spartito di terre cotte decorate. Sono musiche senza tempo, preparate nel loro ritmico andante da mani aduse a plasmare, miscelare, modellare, scavare, decorare con una mai sopita consuetudine con la materia e la luce.
Negli anni delle "targhe", Andrea si era liberato dai vincoli dell'istinto, della gestualità ereditata e vissuta per ininterrotti, infiniti giorni di bottega: aveva trovato posto in una sfera universale, liberando la sua forza interiore, spirituale, lasciandola colare, con studiata immensità, in roccioso manganese, in turchese sottomarino, in azzurro di cielo, su forme plasmate con mille giri di argilla avvolgenti verso l'alto come le tante scalinate del suo paese a mezza costa.

Nelle sue costruzioni, incise o decorate, Andrea inseriva la chiave per leggere la favola: si svelava a chi riusciva a trovare la magia della fanciullezza.
Memorie di bottega antica come quel mestiere delle mani; esperienze legate ad altre, nella ricerca dell'immaginario vaso del fuoco rubato, dell'otre dei setti venti, della brocca con l'acqua della felicità donata. La memoria affonda in mondi lontani. "La Faenzerella", "nata, come tutte le cose belle, dal niente, come i fiori di mandorlo e la rugiada sui petali delle rose", scriveva Guido Gambone al fiorentino Dario Poppi ricordando quella esaltante esperienza vissuta con Andrea nella bottega a piano rialzato nella grande curva per la Marina, dove ci si rinchiudeva la domenica perché nessuno potesse rubare il segreto di preparazione dei nuovi smalti vetrosi. E c'era il mondo di Mirò, nella bottega di Andrea sulla strada per Raito, frutto di abbracci di "smalti materici", e ancora c'erano figure ieratiche che portavano messaggi di salvezza e di speranza.

Quel "faenzaro" solitario, dalla sua casa-bottega dirimpettaia al paese steso al mare e al sole, alla chiesa sovrastante i tetti, alla gente di Vietri sul Mare, scrutava con occhi sicuri, assimilava, trasportava nella sua vita e nel suo quotidiano l'odore di un mare sul quale miti e leggende, culture e civiltà si sono incontrate e scontrate. Lui, il "faenzaro vietrese", come amava spesso definirsi, conosceva solo l'arte della materia modellata, decorata, dove immagini, suoni, magie si distendono a corredo di luce mediterranea.
Al tempo delle "targhe di Natale" Andrea D'Arienzo aveva sciolto, con la saggezza del tempo, molti legacci, il suo animo si era riappropriato della semplicità di vita, della voglia di una ricerca oltre ogni schema costruttore di sopravvivenza. In lui, col fuoco delle terre cotte, era la grande anima della Ceramica. Antiche ballate popolari, che parlavano di streghe e voli notturni, venivano narrate su piane superfici, come sequenza di cantastorie: " ... 'nccopp'o mare, sott'o viente, 'nccopp'e noc'e Beneviento".
L'anima della madre, esile e piccola com'era in vita, veniva trasportata verso l'alto da angeli custodi.
Dal tempo trascorso - è stato qualche anno fa?, è stato ieri, stamani? - ritorna la voce, pacata e a volte tremolante di Andrea: "per tempo, ho pensato a questo tuo Natale". La mano si protende ancora, nell'illusione del dono di una "targa": resta la memoria di una storia scritta ieri, da raccontare domani..." - tratto da "Mag(h)i, Buffoni e Lazzari alla corte del Re, Il Natale di Andrea" - a cura della provincia di Salerno, edito da Grafica Metelliana, Cava de' Tirreni (SA), 2001 - Catalogo dell'omonima mostra "Il Natale di Andrea", omaggio ad Andrea D'Arienzo, Chiesa di Sant'Apollonia, Salerno, 20 dicembre 2001 - a cura di Vito Pinto.

 

Andrea D'arienzo muore nella sua città natale nel 1995.